
IL
MISTERO DEI 102
La scomparsa di Virginio Menozzi, fondatore di
Radio Parma, con il direttore Drapkind e il tecnico Toni. Nel ’75 mi elargì il
primo stipendio, 5.000 lire
Non sono giorni felici. Sabato la mazzata
dell’improvvisa scomparsa del giornalista Francesco Saponara, a soli 37
anni, papà da neppure un mese. Oggi apro gazzettadiparma.it (da cui ho tratto la foto a lato) e leggo della morte di Virginio Menozzi,
fondatore di Radio Parma, la prima emittente libera italiana, che ebbi i
natali grazie alla felice intuizione dello stesso “Cavaliere”, del direttore
responsabile Carlo Drapkind - mio padre putativo, come si
autodefiniva, avendomi adottato, giornalisticamente parlando, in tenera età
(avevo appena 11 anni) - e del tecnico Marco Toni. Virginio Menozzi,
dunque, fu il mio primo editore.
Molto sui generis. Ma editore. Erano altri
tempi, certo, oggi si sarebbe gridato allo scandalo per “sfruttamento di lavoro
minorile”: invece io non posso che ringraziare infinitamente oltre allo stesso Drapkind,
defunto prematuramente nella primavera del 2003, proprio Virginio Menozzi,
se nel bene o nel male sono riuscito a percorrere un cammino professionale
comunque ricco di soddisfazioni. Un cammino iniziato in strada Farnese 8,
(seconda sede di Radio Parma dopo la mitica ricavata in una sorta di
scantinato in via Cavallotti) nel giugno del ’75.
Drapkind, quel 14 giugno del ’75,dopo che andai ad
intervistarlo per il giornalino che stampavo allora (L’Eco del
Quartiere), concluse con l’invito “a considerarmi tra i più giovani
collaboratori dell’emittente”: io non mi lasciai sfuggire l’occasione,
presentandomi il giorno dopo allo stesso portone, diventando non solo il
vivandiere o la mascotte della radio, ma anche una sorta di attento
apprendista, al punto da assurgere, in breve tempo, a punto di riferimento per
la parte tecnica, oltre che giornalistica.
Menozzi, razionalmente, avrebbe
potuto opporsi alla pazza idea di Drapkind: in fin dei conti,
quale legale rappresentante, avrebbe corso seri rischi lui, in prima persona,
per la mia ingiustificata presenza lì. Del resto, quando ci fu il passaggio di
proprietà di Radio Parma da Menozzi alla famiglia Bormioli,
il nuovo amministratore Arndt Lauritzen, detto “Paolo il Danese”,
non esitò un attimo a vietarmi l’accesso agli studi, ordinando al direttore Drapkind
di non farmi salire le scale di Guasti di Santa Cecilia 3.
E così Carlo,
dalla finestra, iniziò a gettarmi i quotidiani da leggere, per ingannare
l’attesa, fin quando non scendeva lui ed insieme proseguivamo a fare le nostre
interviste in città. Proprio quel veto fu all’origine del passaggio, di lì a
breve, di Drapkind (e mio) da Radio Parma a Radio Emilia. Menozzi,
dicevo, non si fece problemi, anzi provava una certa simpatia per quel bambino
un po’ nasuto che si dava da fare per la sua Radio Parma e così un bel
giorno decise di ripagare i miei sforzi elargendomi il primo stipendio
della mia vita, una banconota da 5.000 lire, di cui io nominai custode
(e la è tuttora) mia madre Leyde.
Era il 27 settembre 1975. Avevo
cancellato dalla memoria quell’episodio, ma nel 2009 – quando per
riprendermi dalla forte delusione per l’interruzione del mio rapporto di lavoro
con il Parma Calcio, mi ero tuffato sul vecchio amore, la radio,
iniziando a ricostruire per Broadcastitalia.it le gesta di Radio
Parma – mi capitò tra le mani una audio cassetta che conteneva
una intervista, fatta per celia da Menozzi al sottoscritto.
Non
credo sia mai andata in onda su Radio Parma, ma rimanendo almeno per la
mia piccola storia personale, un documento “storico” importante, lo inserii in
quella audioteca dei programmi delle prime radio libere italiane. Si tratta di
un simpatico scambio di battute (per ascoltare la registrazione clicca qui)
tra il giovane cronista speranzoso di spuntare qualche lira in più ed il
proprietario, diciamo così, particolarmente attento a non dilapidare il suo
patrimonio… Non a caso quelle cinquemila lire rimasero, a lungo, l’unico
stipendio percepito dal sottoscritto…
Un simpatico scambio di battute, dicevo: in
effetti al “Cav.” non è mai mancato un certo humour, e mi ha
sollevato sapere da Claudia Magnani – ancora oggi voce dei GR di Radio
Parma, che fui proprio io ad avvicinare al mixer quando Menozzi la
ingaggiò per l’emittente – che quello spirito gli è rimasto intatto fino
all’ultimo. Lucido, consapevole e appunto spiritoso, fino in fondo. Due
battute, le ultime, che mi hanno fatto sorridere, ma nello stesso tempo
commuovere.
Alla adorata nipote Cristina, in clinica: “Credevo di
essere arrivato qui per finire i miei giorni, ed invece ho finito la
biancheria. Per favore portamene pulita”; al sacerdote che, durante
l’estrema unzione gli stava dicendo: “Sono qui per accorciare la strada per
il Paradiso”, ha obiettato: “Ag ne vol ancora…”
Ed è così che mi piace ricordarlo: appunto con
un sorriso, sicuro che da lassù apprezzerà.
Arrivederci Cavaliere. E grazie.
Gabriele Majo
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